Il riscaldamento

Quando si argomenta d’allenamento e competizioni, si considera una forma d’esercitazione che precede carichi di lavoro intensi: il riscaldamento.Esso è una parte preparatoria d’ogni allenamento e della gara.Il suo scopo è creare condizioni ottimali per la prestazione, quindi è una fase importante, ma che per vari motivi legati alla mancanza di tempo, alla giusta concentrazione, a stati più o meno accentuati d’ansia pre-gara, viene spesso non eseguita. Eppure risulta così evidente l’opportunità di far precedere ad una seduta d’allenamento o ad una gara un adeguato riscaldamento, per  essere preparato ad affrontare immediati stati d’affaticamento. 

Il riscaldamento per gli amatori 

Chi frequenta l’ambiente amatoriale, avrà costatato che questa fase, sia trascurata, o svolta in una quantità talmente esigua, da renderla improduttiva. Eppure nelle gare armatoriali al via del giudice si parte a “tutta”, con immediati tentativi di fughe, scatti, e continue variazioni di ritmo. Vi sarà capitato di partire non sufficientemente caldi, e avvertire quella spiacevole sensazione d’indurimento muscolare delle gambe, che spesso si può protrarre per tutta la corsa pregiudicando il buon esito o non riuscire a come si dice il gergo di “ rompere il fiato”. Il tutto chiaramente è reso più rischioso in condizioni atmosferiche sfavorevoli con pioggia o freddo. A basse temperature esterne s’instaura un aumento della viscosità interna delle fibre muscolari, che rallenta la sua normale attività e rendimento.Inoltre oltre questi aspetti, intraprendere bruscamente un esercizio molto intenso potrebbe accompagnarsi ad un insufficiente apporto di sangue al muscolo cardiaco, situazione palesemente rischiosa. 

Il riscaldamento passivo 

Molti atleti ricorrono al riscaldamento passivo pre-gara che consiste di applicare delle pomate od oli da frizionare sulle gambe per facilitare il riscaldamento muscolare. Questo tipo d’intervento con tali prodotti non è sufficiente a penetrare negli strati profondi del muscolo, il loro effetto superficiale revulsivo, genera una sensazione di calore che induce a pensare che il muscolo è preparato a qualsiasi sollecitazione.Purtroppo è importante solo la temperatura interna del muscolo non quell’esterna di superficie. Questi prodotti possono rivelarsi utili in caso di partenza sotto la pioggia o basse temperature. 

Il riscaldamento pre-gara 

Bisogna prestare attenzione a generalizzare il concetto di riscaldamento, in quanto esso è da un punto di vista fisiologico strettamente personale e quindi risente della ricerca individuale della sua giusta quantità ed intensità di carico su cui svolgerlo. Citando qualche esempio alcuni atleti trovano più giovamento eseguedolo senza un impegno eccessivo. Altri, hanno e sentono il bisogno di farlo più intensamente.Il perché di queste variazioni, è da individuare in motivi d’ordine fisiologico e mentale che l’esecuzione di un esercizio di tal genere impone.Oltre a questa personalizzazione ci sono altri elementi che determinano la corretta procedura del riscaldamento. Se 20 minuti di riscaldamento sono sufficienti ad un amatore, per un professionista ce ne vogliono 40 – 50 ad un’intensità più elevata. Questo significa che la durata ed impegno del riscaldamento sono elementi strettamente individuali e vanno adattati alle capacità di prestazioni degli atleti. Più un’atleta è preparato, più il suo sistema termoregolatore risponde con efficacia all’aumento di temperatura prodotto dall’attività fisica. E gli atleti allenati probabilmente richiedono un riscaldamento più lungo o più intenso per raggiungere un aumento ottimale della temperatura corporea rispetto a quelli meno allenati. Per aumentare la loro efficienza termoregolatoria di fronte all’aumentare produzione di calore conseguente all’esercizio, un riscaldamento troppo protratto o intenso può pregiudicare la prestazione perché eccessivamente affaticante’ intensità e durata di questa procedura devono essere necessariamente stabilite per ciascun atleta in relazione alle sue caratteristiche e alle condizioni che alterano la risposta termoregolatoria. Ad esempio se la temperatura esterna e bassa i riscaldamento deve essere più intenso e protetto mediante un vestiario adatto,Il riscaldamento deve essere svolto con un lavoro prettamente aerobico, intervallato con delle pause tali da permettere un completo recupero soprattutto nervoso, poiché durante il lavoro non si debbono mai creare degli stati di fatica localizzata, che potrebbero indurre ad un aumento del lattato di basale.

 Gli approcci scientifici

 E’ opportuno precisare con riferimento alla bibliografia internazionale, che alcuni autori affermano che molte prestazioni da record sono state effettuate senza riscaldamento, e alcune indagini scientifiche hanno dimostrato che prestazioni senza il warm- up preliminare, non differiscono da quelle successive ad una fase di riscaldamento. D’altra parte ci sono studi che dimostrano il contrario.Personalmente ritengo che il riscaldamento sia un aspetto molto importante da tenere in considerazione in allenamento e soprattutto in gara. Il tutto naturalmente riferito ad un ambito agonistico amatoriale, il chilometraggio delle corse professionistiche, con le loro partenze a bassa andatura rende inutile il suo svolgimento. ( cronometro escluse).Esistono un gran numero di prove sperimentali, prodotte da ricerche nelle quali i soggetti eseguivano esercizi dinamici a diverse temperature corporee comprovanti che il riscaldamento influenza variabili fisiologiche importanti per l’esercizio fisico.Ci sono molti meccanismi fisiologici coinvolti nel riscaldamento che non solo producono una migliore prestazione fisica, ma anche una riduzione delle possibilità d’infortuni.

 Gli effetti del riscaldamento

 Schematicamente possiamo affermare che gli effetti si ottengono con il riscaldamento sono:

  •  L’aumento di temperatura favorisce una più rapida dissociazione dell’ossigeno dell’emoglobina (e della mioglobina) che così è disponibile per il muscolo. 
  • A livello cellulare l’energia d’attivazione necessaria alle reazioni chimiche alla base del metabolismo energetico diminuisce, e quindi tali reazioni sono facilitate. Si ha così, entro certi limiti, un uso più efficace dei substrati energetici essenziali per la prestazione fisica.
  • L’aumento della temperatura diminuisce la viscosità interna del muscolo migliorandone l’efficienza contrattile.
  • Alla diminuzione dei tempi di contrazione muscolare e degli atti riflessi, facendone aumentare la sua l’efficacia, il rendimento meccanico (potenza), della muscolatura delle gambe da essa generato.
  • La stessa contrazione muscolare, intesa come processo fisico-chimico, avviene in condizioni migliori in conseguenza all’aumentante temperatura.
  • La temperatura elevata costituisce un ottimo stimolo per la vasodilatazione che determina un aumento locale del flusso sanguigno. Favorendo l’apporto dei substrati energetici e l’allontanamento dei prodotti di rifiuto dal muscolo.
  • Il riscaldamento favorisce una ridistribuzione del flusso del sangue nell’intero corpo, per l’instaurarsi di un incremento del flusso muscolare e una riduzione (relativa anche assoluta del flusso verso gli organi interni non coinvolti nell’attività fisica. Questi aggiustamenti si realizzano durante il riscaldamento, cosicché l’inizio dell’attività più impegnativa si realizza su delle basi prestative elevate.  

Questo è dovuto i gran parte, perché esercizi eseguiti ad intensità massimale, il consumo d’ossigeno (VO2 di picco) e la f.c. sono direttamente correlati alla temperatura muscolare. Quanto più alta è quest’ultima, tanto sono elevati sono i valori di VO2 e della f.c. Si deve  considerare che in corrispondenza della temperatura più elevata muscolare, pur non risultando aumentata la possibilità di durata dell’esercizio, la latticidemia appare notevolmente ridotta.

  • Infine alcuni studi hanno messo in evidenza che uno sforzo improvviso “ a freddo” può condizionare una transitoria incapacità del circolo coronarico a fornire al cuore un adeguato flusso di sangue, mentre ciò non si verifica a caldo.

 Lo stretching 

Nel contesto del riscaldamento sono da considerare anche gli esercizi di stretching, una pratica che giustamente e finalmente va diffondendosi sempre di più nei praticanti di ciclismo. La temperatura corporea facilita e rende più efficace questi esercizi, che sono eseguiti:

1) Per migliorare e quindi facilitare i movimenti articolari a livello dell’anca, ginocchio, caviglia. Al fine di consentire una resa ottimale di potenza meccanica applicata alla pedalata.

2) Come mezzo di prevenzione di possibili lacerazioni di fibre muscolari e dei tessuti connettivi della muscolatura delle gambe, che comporta rigidità e dolore.

3) Per prevenire il prodursi di tensioni muscolari a carico del cingolo scapolo-omerale (spalle) e del tratto cervicale e lombare della colonna vertebrale, causate dalla posizione in bicicletta anche se corretta.

 Le metodiche dello stretching 

Anche per lo streching esistono varie metodiche che favoriscono la mobilità articolare e l’allungamento muscolare.

  • La tecnica dinamica, che consiste in contrazioni ripetitive dei muscoli agonisti eseguite allo scopo di ottenere un rapido stiramento dei muscoli antagonisti.Sono quelle che progressivamente sono state abbandonate a causa della loro potenziale pericolosità, poiché lo stiramento repentino dei muscoli può causare delle lesioni di una certa entità.
  • La tecnica statica che è la più diffusa, (non solo nel ciclismo), consiste nello stirare passivamente e lentamente un muscolo agonista fino a raggiungere una posizione in cui si avverte una sensazione di leggero dolore, e mantenerla per un tempo che oscilla in genere dai 30 ai 40 secondi, per un numero totale di tre o quattro serie. In questo tipo di tecnica è fondamentale il controllo e la decontrazione di tutti i muscoli anche quelli che non interessati nell’allungamento e alla respirazione che deve essere naturale senza fasi d’apnea.
  • Le più moderne tecniche di streching, basate sulla facilitazione propriocettiva neuromuscolare (PNF, proprioceptive neuromuscular facilitation) derivano da analoghe procedure terapeutiche usate nella riabilitazione e solo da pochi anni sono state usate per il miglioramento della mobilità articolare. Esistono diverse tecniche di PNF, ma sostanzialmente tutte si basano su una qualche forma di combinazione di contrazione alternata dei muscoli agonisti e di quelli antagonisti. Esse si esplicano nella metodica di alternare fasi di spinta della durata di 10 secondi con fasi di rilassamento della stessa durata. Per citare un esempio di questa tecnica applicata ai muscoli della regione posteriore della coscia, si esegue con l’atleta in posizione supina con un arto inferiore flesso sollevato    a novanta gradi rispetto al tronco. Il partner flette passivamente la coscia sull’anca fino al punto in cui l’atleta avverte una leggera sensazione di dolore. A questo punto l’atleta spinge contro la resistenza del partner, contraendo isometricamente i muscoli posteriori della coscia, per una decina di secondi (fase di spinta), dopodiché tali muscoli sono rilasciati e l’atleta contrae il quadricipite agonista, mentre il partner applica una spinta che facilita ulteriormente lo stiramento dei suoi antagonisti (fase di rilassamento). Con quest’esercizio si ottiene una maggiore flessione della coscia sull’anca e uno stiramento dei muscoli agonisti e antagonisti e questa fase dura dieci secondi. L’intero ciclo spinta-rilassamento deve essere ripetuto almeno tre volte.

Tutte le tecniche che abbiamo citato (dinamica, statica e di PNF) producono un effetto di miglioramento della mobilità articolare dell’elasticità muscolare.Delle tre quella più’ usata è la tecnica statica in quanto è possibile eseguirla anche in assenza di un partner, che è una limitazione per le tecniche di PNF, anche se, per mia esperienza, sono quelle che possono produrre effetti migliori a breve termine.  

Le basi neurofisiologiche delle stretching 

Per spiegare la scelta di una tecnica rispetto ad un altra è necessario fare riferimento alle basi neurofisiologiche che regolano lo streching.  All’interno delle strutture muscolo-tendinee si trovano due tipi di ricettori nervosi: i fusi neuromuscolari e gli organi tendinei del Golgi. I fusi sono stimolati dallo stiramento del muscolo e causano una risposta riflessa del muscolo di tipo contrattile (riflesso miotatico fasico). Gli organi del Golgi sono stimolati anch’essi dall’allungamento del muscolo, ma avendo compiti protettivi reagiscono ad un eccesso di tensione muscolare sull’inserzione tendinea producendo un’inibizione (rilasciamento) del muscolo stirato (riflesso inverso del rilassamento). Lo stiramento, per stimolare in maniera ottimale gli organi del Golgi deve avere una durata di almeno dieci secondi, mentre la risposta dei fusi è immediata. Da questo si deduce che le tecniche dinamiche stimolano i fusi, ma non gli organi del Golgi, per cui lo stiramento si realizza sul muscolo contratto in via riflessa e ciò predispone alle lesioni muscolari.Le tecniche statiche sfruttano invece il riflesso inverso da stiramento e sono perciò più’ sicure, poiché i trenta secondi di permanenza de muscolo nella posizione stirata sono sufficienti per stimolare gli organi del Golgi. Infine, le tecniche di PNF si basano sugli stessi principi neurofisiologia, ma sfruttano anche altri meccanismi neuromuscolari. In particolare, la contrazione dei muscoli che sono allungati, nella fase di spinta, aumenta la tensione ai capi del muscolo e stimola ancora più’ efficacemente gli organi del Golgi (inibizione autogena). Durante la fase di rilassamento, la contrazione isotonica massimale del muscolo agonista realizza un ulteriore rilassamento dei muscoli stirati attraverso un meccanismo dell’innervazione reciproca (inibizione dell’antagonista concomitante alla contrazione dell’agonista che si realizza a livello spinale.Questi effetti rendono, almeno teoricamente, più’ efficaci le tecniche di PNF rispetto alle altre.  

Il riscaldamento nella pratica. 

Abbiamo spiegato le molte le ragioni per non trascurare la fase di riscaldamento. Ma quale è in pratica la migliore forma per effettuarlo? Com’evitare di non spendere troppo preziose energie, prima di una gara?Le tecniche di “warm up” sono legate alle caratteristiche individuali, ma possiamo fornire delle indicazioni di base su come svolgerlo e impostarlo. In tutte le forme d’esercitazioni fisiche, l’aspetto metodologico dal quale si deve partire è il concetto della gradualità del carico. Il che significa un avvio calmo e un crescente impegno, sempre però molto controllato. Fissato questo punto, bisogna considerare se ci si deve riscaldare in funzione di un allenamento oppure per una competizione. Nel primo caso è necessaria una ulteriore differenziazione, inerente all’intensità e alla durata delle esercitazioni che si dovranno svolgere. Se si prevede un’allenamento a fondo lungo, senza particolari fasi d’impegno, è sufficiente un’avvio graduale, adottando un rapporto agile (39/ 17-16 ) con una cadenza di pedalata minima di 90 r.p.m. ad una f.c. equivalente al fondo lento. Riguardo alla durata e al percorso, se la temperatura esterna non è particolarmente rigida, trenta minuti possono essere sufficienti. Se non fosse possibile iniziare l’allenamento in pianura, che rappresenta la situazione ottimale,ma in salita, si deve cercare di non eccedere nello sforzo, cercando di non far salire molto i battiti cardiaci,al di sopra del range prefissato, utilizzando un rapporto e una cadenza di pedalata adeguati allo scopo. Quando invece l’allenamento prevede esercitazioni specifiche intense, dopo un’avvio simile quello descritto sopra, si dovrà aumentare gradualmente l’intensità fino ad attestarsi alla f.c. del fondo medio, allungando il rapporto.Il riscaldamento pre- gara è più complesso , lo si deve iniziare circa 30 min. prima della partenza, ed è diviso in due parti. La prima : articolata da una serie d’esercizi atti a mobilizzare e decontrarre articolazioni e muscoli del tronco.Con i seguenti esercizi di base: flessione laterale e frontale del busto, circonduzioni  delle braccia, del capo e del busto, eseguiti con 20 ripetizioni per ogni esercizio. La seconda parte più specifica svolta in bicicletta che durerà 20-30 min., utilizzando un rapporto agile per almeno 10 min., ad una f.c. di fondo lungo.Quindi si effettueranno delle variazioni di ritmo progressive di 200300 m., utilizzando il 53/19-17, senza andare oltre la f.c. di fondo medio, alternate da brevi recuperi e leggere variazioni di ritmo alzandosi sui pedali. Naturalmente non si dovrà esagerare con l’impegno, ne risparmiarsi più del dovuto, il cariofrequenzimetro in questo ci sarà di grande aiuto. Potendolo fare, il riscaldamento dietro motori rappresenta il meglio in questo senso, se eseguito con un rapporto 53/ 17-16 per 2025 minuti, con una cadenza di pedalata al di sopra delle 95 r.p.m., simula il ritmo di gara, mettendoci in condizione di partire già con un ottimo condizionamento cardiocircolatorio e muscolare per la corsa. Terminato il riscaldamento, non si dovrà naturalmente rimanere troppo a lungo fermi, quindi si dovranno calcolare bene i tempi d’esecuzione legati all’orario di partenza della gara.